L’espressione Tobin tax oggi fa genericamente riferimento a una imposta sulle transazioni finanziarie. Il termine richiama il premio nobel James Tobin, il quale, nel 1972, per primo avanzò l’ipotesi di sottendere a tassazione le transazioni finanziarie.
La Tobin tax come fu teorizzata in origine da James Tobin era diversa dalle versioni attuali dell’imposta, in quanto si inseriva in un diverso contesto economico-finanziario e aveva un diverso obiettivo.
La Tobin tax di James Tobin si configurava come un piccolo prelievo percentuale sulle transazioni valutarie, e aveva come obiettivo quello di scoraggiare la speculazione su questi mercati, al fine di limitarne la volatilità in un contesto economico-finanziario che aveva appena visto l’abolizione degli accordi di Bretton Woods; accordi che, attraverso il rapporto di cambio rigido tra dollaro e oro, avevano, fino a quel momento, limitato le fluttuazioni dei cambi valutari.
Oggi la Tobin tax è applicata alle transazioni azionarie e ai contratti derivati che hanno gli stessi titoli come sottostante; mentre l’obiettivo è la produzione di gettito fiscale nel contesto di un mercato tendenzialmente speculativo.
Per comprendere appieno il significato odierno della Tobin tax, bisogna notare che, a livello internazionale, i paesi con i mercati finanziari più avanzati tendenzialmente vedono negativamente questo tipo di imposta, che invece trova applicazione, con diverse modalità, in paesi i cui mercati finanziari non sono molto sviluppati, come l’Italia.
La scelta di imporre una imposta sulle transazioni azionarie in paesi, come l’Italia, in cui i mercati finanziari non sono molto sviluppati, in un contesto di globalizzazione finanziaria, può stupire: una tale imposta, infatti, non potrà che stimolare gli investimenti finanziari verso l’estero, a discapito di quelli nazionali; una tale valutazione, teoricamente corretta, sottovaluta però il fatto che dei mercati finanziari nazionali deboli favoriscono lo sviluppo del sistema bancario, quale principale strumento di finanziamento per piccole e grande aziende.
La Tobin tax italiana
In ogni caso, a prescindere dagli obiettivi di politica fiscale che il Legislatore nazionale vuole perseguire, e che questo articolo non intende sindacare, l’articolo 1 della Legge 228/2012, commi da 491 a 499, regola la cosiddetta Tobin tax italiana, con efficacia da giorno 1 gennaio 2013, ed oggi attualmente in vigore.
Sono sottoposte a Tobin tax, con diverse modalità di applicazione, i trasferimenti di proprietà di:
- azioni e altri strumenti partecipativi emessi da società residenti nel territorio dello Stato;
- derivati aventi come sottostante azioni emesse nel territorio dello Stato.
L’imposta si applica a tutte queste transazioni, anche quando le azioni non sono quotate nei mercati regolamentati.
Essa si applica anche al cosiddetto trading ad alta frequenza, svolto attraverso l’utilizzo di elaboratori entro la soglia temporale di mezzo secondo, che non verranno trattati in questa sede, in quanto l’articolo si concentra sulle operazioni di trading di stampo discrezionale.
In tutti i casi è irrilevante il luogo di conclusione della transazione e lo Stato di appartenenza dei contraenti, in quanto il perimetro dell’imposta è delineato in base all’oggetto della transazione.
Il versamento dell’imposta è effettuato entro il 16 del mese successivo a quello del trasferimento della proprietà dei titoli per il tramite del sostituto d’imposta, che può essere un intermediario, residente o meno, per il caso di titoli quotati su mercati regolamentati o di derivati, oppure un notaio per i titoli non quotati; i sostituti addebitano al soggetto passivo l’ammontare dell’imposta.
La normativa fiscale prevede alcuni casi di esenzione dalla Tobin tax per:
- l’Unione Europea, la Banca Centrale Europea, le banche centrali dell’Unione Europea e degli altri Stati;
- le operazioni infragruppo e le operazioni legate a riorganizzazioni aziendali;
- le operazioni su titoli di società quotate aventi capitalizzazione media inferiore a 500 milioni di euro nel mese di novembre dell’anno precedente a quello in cui avviene il trasferimento di proprietà;
- i trasferimenti di proprietà per successioni e donazioni;
- le forme pensionistiche obbligatorie e complementari;
- le operazioni di supporto agli scambi;
- altro (l’elenco è indicativo, non esaustivo).
Per espressa previsione normativa, la Tobin tax non è deducibile dalle imposte sui redditi (IRPEF o IRES, a seconda dei casi), né dall’IRAP.
In caso di azioni o di altri strumenti partecipativi analoghi
Per quanto riguarda le azioni e gli altri strumenti partecipativi, l’imposta si applica sui titoli italiani posseduti fino alla giornata successiva, motivo per cui la Tobin tax, per questi titoli, non si applica alle operazioni intraday, cioè a quelle operazioni che si aprono e si chiudono nell’arco della stessa giornata.
L’aliquota prevista è dello 0,10% per i titoli quotati in mercati regolamentati e 0,20% per quelli negoziati in mercati non regolamentati.
L’aliquota si applica al valore della transazione, costituito dal prezzo d’acquisto del titolo per il numero di titoli posseduti.
In caso di contratti derivati aventi come sottostate azioni
Anche i derivati che hanno come sottostante azioni (o altri titoli partecipativi) italiane sono sottoposti a Tobin tax: in questo caso l’imposta è in misura fissa, ma varia in base alla specifica tipologia di contratto derivato utilizzato e in base al suo valore, secondo le specifiche della tabella 3 allegata alla Legge 228/2012, riepilogata nel seguito.
Nella fattispecie l’imposta si applica sia alle transazioni multiday che a quelle intraday, a prescindere che siano posizioni d’acquisto o di vendita.
L’ammontare dell’imposta è ridotto a un quinto della misura fissa prevista se il contratto derivato è quotato su un mercato regolamentato, come può essere il caso dei contratti future e non essere il caso dei contratti per differenza (i cosiddetti CFD).
Sulla tabella i valori sono indicati in misura piena, da ridurre a un quinto se i titoli sono quotati in mercati regolamentati.
Valore nozionale del contratto (in migliaia di euro) |
||||||||
Strumento finanziario |
0 – 2,5 |
2,5 – 5 |
5 – 10 |
10 – 50 |
50 – 100 |
100 – 500 |
500 – 1000 |
Superiore a 1000 |
Contratti futures, certificates, covered warrants, contratti di opzione su rendimenti, misure o indici relativi ad azioni |
0,01875 |
0,0375 |
0,075 |
0,375 |
0,75 |
3,75 |
7,5 |
15 |
Contratti futures, certificates, warrants, covered warrats e contratti di opzione su azioni |
0,125 |
0,25 |
0,5 |
2,5 |
5 |
25 |
50 |
100 |
Contratti di scambio (swaps) su azioni e relativi rendimenti, indici o misure; contratti a termine collegati ad azioni e relativi rendimenti, indici o misure; contratti finanziari differenziali collegati ad azioni e ai relativi rendimenti, indici o misure; qualsiasi altro titolo che comporta un regolamento in contanti determinato con riferimento alle azioni e ai relativi rendimenti, indici o misure; le combinazioni di contratti o di titoli sopra indicati |
0,25 |
0,50 |
1 |
5 |
10 |
50 |
100 |
200 |
In questi casi, a prescindere dal fatto che il contribuente abbia aperto una posizione lunga o corta, per conoscere l’ammontare in euro dell’imposta da versare sarà necessario calcolare preventivamente il valore nozionale del contratto, come:
- per i contratti future su indici: il numero dei contratti moltiplicato per il valore di quotazione in punti dell’indice, il risultato per il valore in euro di ogni punto;
- per le opzioni su indici: il numero dei contratti moltiplicato per il prezzo del contratto in punti dell’indice, il risultato per il valore in euro di ogni punto;
- per i contratti future e opzioni su azioni: il numero di contratti moltiplicato per il prezzo del contratto, il risultato per la dimensione del contratto;
- per le opzioni di diverso tipo: il premio pagato moltiplicato per la sottoscrizione del contratto;
- per i warrants, i covered warrants, i certificates: il numero di contratti moltiplicato per il prezzo del contratto.