Con la Ordinanza n 15916/2024 la Cassazione chiarisce che i compensi per i diritti discografici sono soggetti ad IVA, ove venga in rilievo la cessione di diritti (o beni similari a quelli) d'autore verso corrispettivo e, dunque, una prestazione di servizi che, in quanto tale, è operazione imponibile.
Restano fuori campo IVA le cessioni relative ai diritti d'autore in senso stretto operate dall’autore (o dai suoi eredi), tranne che riguardino disegni, opere di architettura o dell’arte cinematografica.
La causa riguarda un cantante che ha ricevuto dall'Agenzia delle Entrate una avviso di accertamento per il 2006.
Veniva contestata la non deducibilità di alcune fatture relative a servizi di catering e noleggio di attrezzature, in quanto, secondo l'ADE, non fossero inerenti all’attività artistica del contribuente.
Inoltre, veniva contestata l’emissione irregolare di una fattura nei confronti di una società inglese per la cessione dei diritti di sfruttamento di un disco.
La Commissione tributaria regionale riformava la decisione di primo grado, ma gli eredi del cantante proponevano ricorso per Cassazione, vediamo i dettagli della pronuncia.
Diritti d’autore e imponibilità IVA: condizioni necessarie
La Suprema Corte ha affermato che i compensi per i diritti discografici sono soggetti ad IVA, ove venga in rilievo la cessione di diritti (o beni similari a quelli) d'autore verso corrispettivo e, dunque, una prestazione di servizi che, in quanto tale, è operazione imponibile.
Sono fuori campo IVA, invece, le cessioni relative ai diritti d'autore in senso stretto operate dall'autore (o dai suoi eredi), salvo che riguardino disegni, opere di architettura o dell'arte cinematografica (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 21694 del 08/10/2020, RV. 659071-04).
In particolare, nella motivazione della citata pronuncia, si osserva che la tutela del diritto d'autore, disciplinata dalla L. n. 633 del 1941, assume rilievo sul piano fiscale solo sotto il profilo di carattere patrimoniale, quale diritto allo sfruttamento esclusivo della creazione a fini economici.
La Cassazione specifica inoltre che il diritto di sfruttamento dell'opera, inoltre, si articola in una pluralità di contenuti, in quanto ricomprende (artt. 12-19, L. n. 633 del 1941) il diritto di riproduzione (ossia di moltiplicazione dell'opera con ogni mezzo), di esecuzione e/o rappresentazione dell'opera, di diffusione (anche a distanza), di distribuzione, di elaborazione (ossia di apportare modifiche all'opera originale).
La normativa in esame individua, poi, accanto a quello d'autore, una seconda categoria di diritti, definiti "diritti connessi all'esercizio del diritto di autore", alla cui disciplina è dedicato il Titolo II della legge, il cui Capo III riguarda specificamente i "Diritti degli artisti interpreti e degli artisti esecutori".
Si tratta, in particolare, di diritti distinti rispetto al diritto d'autore in senso stretto.
Nella Convenzione di Roma del 26 ottobre 1961 ("Protezione degli artisti interpreti o esecutori, dei produttori di fonogrammi e degli organismi di radiodiffusione"), l' art. 1 stabiliva che la "protezione prevista dalla presente convenzione lascia intatta la protezione del diritto di autore sulle opere letterarie ed artistiche".
Peraltro, la nozione di diritti connessi al diritto d'autore, ma da questo distinti, è conosciuta anche nell'ordinamento unionale, trovando apposita disciplina nella direttiva n. 92/100/CEE concernente il "diritto di noleggio, il diritto di prestito e taluni diritti connessi al diritto d'autore in materia di proprietà intellettuale", poi ribadita dalla successiva direttiva 2006/115/CE che la ha sostituita ed il cui articolo 12 ("Rapporti tra il diritto d'autore e i diritti connessi") espressamente statuisce che "La protezione dei diritti connessi con il diritto d'autore a norma della presente direttiva lascia totalmente impregiudicata la protezione del diritto d'autore".
Nel caso in esame, si controverte in ordine ai compensi relativi non al diritto d'autore in senso stretto, bensì ai diritti connessi al diritto d'autore e, in particolare, a quelli concernenti il contratto discografico, con cui l'artista cede, in esclusiva, i diritti di utilizzazione economica dei supporti, su cui sono state trasferite le sue prestazioni artistiche.
L'artista, in tal modo, si impegna, per la durata convenuta, a prestare la propria opera artistica e professionale per l'incisione, la registrazione e la riproduzione delle proprie o altrui opere musicali; inoltre, cede i suoi diritti di artista interprete ed esecutore, e il diritto di pubblicare, diffondere, riprodurre e mettere in commercio le registrazioni realizzate in esecuzione del contratto, mentre il produttore, a sua volta, si obbliga a sopportare le spese necessarie per la realizzazione delle registrazioni, a riversarle sui fonogrammi e a metterle in commercio, nonché a versare le royalties sulle vendite delle registrazioni (in genere in percentuale sul prezzo fisso del supporto o della vendita digitale).
Quanto all'assoggettamento ad Iva del diritto d'autore e dei diritti connessi, si deve innanzitutto tener conto che, ai sensi dell'art. 3, comma 2, n. 2, del D.P.R. n. 633 del 1972, costituiscono prestazioni di servizi, se effettuate verso corrispettivo, le cessioni, concessioni, licenze e simili relative a diritti d'autore, quelle relative ad invenzioni industriali, modelli, disegni, processi, formule e simili e quelle relative a marchi e insegne, nonché le cessioni, concessioni, licenze e simili relative a diritti o beni similari ai precedenti.
Pertanto, le cessioni del diritto d'autore ovvero di diritti o beni similari verso corrispettivo costituiscono, in via generale, prestazioni di servizi e, in quanto tali, sono soggette ad Iva.
Il successivo quarto comma, lett. a, peraltro, in deroga, dispone: "Non sono considerate prestazioni di servizi: a) le cessioni, concessioni, licenze e simili relative a diritti d'autore effettuate dagli autori e loro eredi o legatari, tranne quelle relative alle opere di cui ai nn. 5) e 6) dell'art. 2 della L. 22 aprile 1941, n. 633, e alle opere di ogni genere utilizzate da imprese a fini di pubblicità commerciale".
Le due disposizioni non sono tuttavia sovrapponibili.
La non assimilazione alle prestazioni di servizi è riconosciuta infatti solo se le cessioni (e le altre operazioni):
- 1) siano state effettuate direttamente dall'autore (o eredi);
- 2) siano relative "a diritti d'autore", ma neppure per tutti poiché sono escluse alcune specifiche ipotesi di opere (i disegni, le opere di architettura e dell'arte cinematografica).
La collocazione fuori campo Iva investe solo i diritti d'autore in senso stretto (e, peraltro, neppure tutti e sempreché l'operazione sia stata realizzata direttamente dall'artista e non da altri soggetti) e non può essere estesa a quelli connessi, la cui cessione resta soggetta alla disciplina ordinaria.
Per la territorialità, infine, occorre ricordare che, ai sensi dell'art. 43 della dir. 112/2006/CE, il luogo di una prestazione di servizi è il luogo in cui il prestatore ha stabilito la sede della propria attività economica o dispone di una stabile organizzazione a partire dalla quale la prestazione di servizi viene resa o, in mancanza di tale sede o di tale stabile organizzazione, il luogo del suo domicilio o della sua residenza abituale.
A tale regola generale corrisponde quanto previsto dall'art. 7, comma 3, del D.P.R. n. 633 del 1972, che prevede che le prestazioni di servizi si considerano effettuate nel territorio dello Stato quando sono rese da soggetti che hanno il domicilio nel territorio stesso.
Ciò posto, come evidenziato nella sentenza impugnata, la contestata fattura attiene alla cessione non del diritto d'autore, ma dei diritti economici ad esso connessi e, in particolare, dei diritti di sfruttamento dell'opera musicale.
Ad avviso dei ricorrenti, non sussisterebbe il requisito della territorialità ai fini Iva, poiché si trattava di un importo minimo garantito, totalmente slegato dai quantitativi di vendita dell'opera nel territorio italiano, ma la doglianza non può essere accolte.
Come risulta dalla sentenza impugnata e dallo stesso ricorso, la fattura aveva ad oggetto la corresponsione di un "anticipo minimo garantito".
Il termine "anticipo" presuppone, comunque, la successiva corresponsione di un saldo e lascia intendere che tale importo aveva la medesima natura degli eventuali compensi da corrispondersi successivamente.
Peraltro, come sopra osservato, ai sensi dell'art. 7, comma 3, del D.P.R. n. 633 del 1972, nel testo applicabile ratione temporis, sono soggette ad Iva tutte le prestazioni di servizi rese da soggetti che hanno domicilio nel territorio dello Stato e, quindi, a prescindere dalla successiva commercializzazione ad opera del soggetto destinatario.
Ciò rende irrilevante il territorio in cui l'opera musicale del contribuente è stata successivamente commercializzata da parte della società cessionaria dei diritti di sfruttamento, considerato che non risulta essere oggetto di contestazione la sussistenza del domicilio in Italia del contribuente.
Sulla base di tutte le suesposte considerazioni, il ricorso va, pertanto, rigettato.