La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con ordinanza 22 maggio 2024, n. 14287 ha ribadito un orientamento consolidato in tema di Pensione di reversibilità e in particolare sulla ulteriore attribuzione ai superstiti in caso di decesso del titolare della reversibilità.
Nello specifico si afferma che la pensione di reversibilità di cui all’art. 22, l. n. 903/65 opera a favore dei superstiti del titolare di pensione ( coniuge e figli a minori o disabili carico ma è escluso che , alla morte del titolare di pensione di riversibilità, detta pensione venga ulteriormente attribuita ai superstiti di questo.
Il diritto alla pensione di reversibilità in sostanza si applica una sola volta, quando derivante dal decesso di chi beneficiasse di pensione diretta.
Pensione di reversibilità: quali superstiti hanno diritto?
Giova ricordare piu in particolare che per l’art. 22 della legge 21 luglio 1965 n. 903, il diritto a pensione di riversibilità spetta, alla morte del pensionato o dell’assicurato, “iure proprio”,:
- al coniuge e
- ai figli minorenni, in ragione dei rapporti con il defunto e della situazione in cui si trova al momento del decesso di quest’ultimo e
- ai figli superstiti maggiorenni se riconosciuti inabili al lavoro e a carico del genitore al momento del decesso di quest’ultimo.
Non può comunque, il diritto a pensione di reversibilità essere ulteriormente attribuito ai superstiti di questo.
Pensione di reversibilità solo per i figli disabili a carico
Con l'ordinanza 33580 del 1 dicembre 2023 la Corte di cassazione aveva riaffermato che la pensione di reversibilità spetta al figlio superstite solo se risultava a carico del padre poi defunto, anche nel caso si tratti di soggetto disabile.
Il caso riguardava un soggetto disabile che aveva ottenuto dalla Corte d’appello di Messina, in riforma della sentenza di primo grado , il diritto alla reversibilità della pensione goduta in vita dal defunto padre.
La Corte aveva motivato la decisione sulla base della consulenza tecnica che aveva accertato l’inabilità del figlio allo svolgimento di qualsiasi attività lavorativa. e aveva anche confermato che non si era verificata la prescrizione decennale del diritto, in quanto vi era stata interruzione della prescrizione mediante domanda amministrativa. Condannava quindi l’Inps al pagamento dei ratei di pensione a decorrere dalla morte del padre.
Nel ricorso in Cassazione l’Inps evidenziava che la Corte di appello non aveva accertato un requisito costitutivo del diritto, ovvero la vivenza del figlio a carico del padre.
Inoltre l'istituto riaffermava che i ratei di pensione antecedenti la domanda amministrativa andavano comunque considerati prescritti.
La cassazione accogli entrambi i motivi di ricorso dell'INPS in quanto :
- dalla sentenza emerge che nessun accertamento è stato compiuto dalla Corte in ordine alla sussistenza del requisito della vivenza a carico del padre, quando questi era ancora in vita; requisito che si pone quale fatto costitutivo del diritto alla pensione di reversibilità (Cass.9237/18), Questa mancanza costituisce una errata applicazione di legge,
- In tema di prescrizione, anche riconoscendo l' atto interruttivo costituito dalla proposizione della domanda amministrativa, la sentenza ha violato l’art. 2946 c.c. nel momento in cui ha escluso tout court il maturarsi della prescrizione, facendo decorrere il diritto dalla morte del padre, senza accertare se, anteriormente all’atto interruttivo, fosse passato o meno oltre un decennio dalla data di decorrenza del diritto.